di Michele Garbin
Tra il 12 e il 14 settembre si terrà a Vicenza la prima edizione del festival Italia-America “Friendship Festival” – con tanto di patrocinio del Comune guidato dal Sindaco Pd Giacomo Possamai – in barba alla storia e alla sensibilità di una città di pace che, nelle prime due decadi di questo millennio, ha dato vita a uno dei movimenti antimilitaristi più grandi d’Italia: il No Dal Molin. Per questo motivo associazioni, sindacati, comitati hanno indetto una manifestazione il 13 settembre contro questa grande festa. Ad esacerbare le critiche nei confronti del Sindaco la sua decisione nei primi mesi d’insediamento a Palazzo Trissino, di nominare come assessore esterno al turismo e ai rapporti con la comunità americana lo sconfitto alle primarie cittadine Jacopo Bulgarini d’Elci. Quest’ultimo, promotore e principale sostenitore del festival in questione, da vicesindaco in quota Pd dell’ultima giunta Achille Variati, era passato con nonchalance dal gesto rivoluzionario, si fa per dire, di lasciare a casa la fascia tricolore all’inaugurazione della base Del Din in segno di protesta ad accompagnare, un paio d’anni dopo, una delegazione dei vertici militari delle basi, con mogli al seguito, alla mostra Tutankhamon, Caravaggio, Van Gogh. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento in Basilica Palladiana: un altro che tiene viva la tradizione, tanto delle amministrazioni di centro-sinistra, quanto di centro-destra, dell’avere un occhio di riguardo per quelli che, senza mezzi termini, vengono considerati da una parte della città e della provincia come occupanti.

Le basi a Vicenza
La presenza americana a Vicenza ha radici profonde: l’esistenza delle basi americane (che in precedenza erano italiane) è frutto dei trattati di pace del 1947 e dei successivi accordi bilaterali, con cui abbiamo dovuto accettare, da stato sconfitto, la cessione della sovranità di pezzi del nostro territorio agli Stati Uniti.

Attualmente a Vicenza sono presenti diverse basi e siti militari americani e Nato (che di fatto sono sinonimi): la base americana Carlo Ederle, nel quartiere San Pio X (nel bel mezzo di una zona residenziale), fondata nel 1955 in seguito alla Guerra di Corea, e che oggi ospita il Southern European Task Force Africa, che gestisce le operazioni statunitensi nel continente africano; il “Sito Pluto”, composto dal deposito militare di Tolmezzo, da una fitta rete di bunker sotto i Colli Berici usati come deposito di armi nucleari durante la Guerra Fredda, e la base Matteo Miotto nel vicino comune di Longare, sede della 207a Brigata d’Intelligence Militare dello U.S. Army; infine, la caserma Renato Del Din (ex Dal Molin), chiamata così nel 2011 per volere dell’allora Ministro della Difesa Ignazio La Russa in onore, o forse più per sfregio, al partigiano bellunese. La base oggi ospita la 173a Brigata Avio-trasportata, che si divide tra Aviano e Vicenza: la protagonista del film Apocalypse Now, che nel suo passato glorioso vanta il napalm lanciato sul Vietnam, le bombe sull’Iraq tra il 2003 e il 2011 e quelle sull’Afghanistan tra il 2004 e il 2021.

Il movimento No Dal Molin
Fu proprio il tentativo di trasformare l’ex aeroporto Dal Molin in una base aerea americana all’insaputa dei cittadini che, nel 2006, trasformò la malcelata insofferenza dei vicentini in aperta contestazione: comitati, associazioni, cittadini, ma anche figure politiche locali di un ampio spettro, dai cattolici agli antagonisti, dagli ambientalisti ai leghisti dissidenti, si riunirono sotto la bandiera dell’aereo barrato. Lo scopo del movimento No Dal Molin era di impedire la messa in funzione di una base aerea e il suo ampliamento sopra una delle falde acquifere più grandi del Veneto, ma anche la smilitarizzazione progressiva della città. Nonostante l’ostracismo del governo Berlusconi III e del suo impero televisivo, il mancato appoggio del governo Prodi II, l’opposizione dell’amministrazione di centro-destra a guida del forzista Enrico Hullweck e il blando appoggio, per usare un eufemismo, della prima amministrazione Variati (Pd), il movimento ha avuto un grande successo a livello nazionale coronato del sostegno di figure di spicco come Dario Fo, Franca Rame, Vinicio Capossela e Ascanio Celestini e da una manifestazione, il 17 febbraio 2007, che portò circa 150.000 persone da tutta Italia e oltre in una città che allora contava poco più di 110.000 abitanti. Tuttavia, il presidio permanente, l’Osservatorio sulle servitù militari di Vicenza, proteste pacifiche tra le più partecipate a livello nazionale dai tempi di Genova 2001, i tentativi di blocco dei mezzi al lavoro una volta che il progetto della base fu approvato, portarono a una vittoria, certamente importante, ma parziale: la dismissione della pista che rese la Del Din, inaugurata nel 2013, non una base aerea, ma una base operativa. Le opere compensative, su cui aveva puntato l’allora amministrazione, lasciarono l’amaro in bocca: il vicino Parco della Pace, che dopo ogni pioggia si trasforma in acquitrino (a causa dell’ampliamento della base sopra la falda), e la mai completata tangenziale nord funzionale a unire le basi Ederle e Del Din, alla faccia della compensazione. Questa “non-vittoria”, la disillusione e qualche divisione interna mise fine al movimento, almeno fino a qualche mese fa.

Cos’è il festival?
La decisione dell’amministrazione di festeggiare la fittizia amicizia tra vicentini e americani – comunità che non si è granchè integrata vivendo asserragliata nel Villaggio della Pace – sembra infatti aver risvegliato le passioni e la rabbia che hanno animato il movimento No Dal Molin nel fiore dei suoi anni. Ma che cos’è il “Friendship Festival”? Niente di nuovo, un’espressione del soft power americano che punta a dare un volto più accettabile a quella che di fatto è un’occupazione. Questo festival viene già svolto in Germania, Polonia, Giappone e Corea del Sud, ovvero ovunque ci sia una base statunitense. Inoltre, il fatto che il festival vicentino sia benvoluto dalle aziende Leonardo, Beretta e Dallara e veda come partner il Gruppo Maltauro (costruttore di scuole, ma soprattutto di basi militari) e il Polo Marconi (che si occupa di comunicazioni tra navi militari) fa perdere all’evento anche l’ultimo briciolo di credibilità, se mai ce l’avesse avuto.

Vicenza città di pace
Ecco allora Vicenza che risorge dal torpore, che ritorna guerriera, va ancora nelle piazze: perchè ormai la base è stata fatta, ma prendere pure i cittadini per il naso diventa un po’ troppo. Un fronte ampio, dall’Anpi a Legambiente, dalla Cgil all’Usb, partiti, comitati e cittadini dalle tante e diverse idee e provenienze, tutti assieme si troveranno il 13 settembre 2025 alle ore 16.00 a Piazza Castello per ricordare, con un corteo, che Vicenza è una delle città europee con più alta presenza pro-capite di americani (15.000 di cui circa 5000 militari su una popolazione di 112.000), ma che era, è e rimarrà una città antimilitarista e di pace.
